Nelle università e nelle scuole di management di tutto il mondo è molto di moda l’espressione STEM: Science, Technology, Engineering and Mathematics. Sono queste le discipline del futuro, gli ambiti di competenza su cui si devono concentrare i manager di oggi e quelli di domani. Si parla anche di pensiero computazionale: la capacità cioè di pensare come un informatico, in modo algoritmico, scomponendo problemi complessi in singole parti, più gestibili se affrontate una alla volta. In Italia l’identikit del manager perfetto è completato dalla conoscenza perfetta dell’inglese (e magari di un’ulteriore lingua straniera) e dalle cosiddette soft skills, le capacità creative, decisionali e di interazione efficace con gli altri. A questo quadro tuttavia manca qualcosa, una competenza fondamentale che essendo stata sempre data per scontata non è mai entrata nel radar della formazione manageriale: la piena padronanza della lingua italiana.
Esistono almeno 4 motivi per cui un manager italiano, pur lavorando nel «villaggio globale», è in grado di correre con una marcia in più quando è capace di usare in modo speciale e distintivo la sua lingua madre.
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